Davanti il parabrezza, guardando verso l'alto tre stelle in fila parallele alla strada ss100 coponevano un cielo marino. La nuvoletta sotto era una piccola balena e le tre stelline l'acqua che il bel balenottero sfiatava.
I colori erano una pozza di azzurri, viola celeste, blu indaco e violetto. La coda della nuvola, era ritta e, più si percorreva la strada più sembrava voler sbattere contro il resto di quel cielo mare. Ho iniziato a immaginare che quella nuvola mi averebbe seguito fino a casa.
Dormire è la migliore cura.
Questo pensavo mentre tornavo dalla città dei trulli.
Ben sistemati e ordinati tra fiori colorati in cassette della frutta, telai per maglioni di lana per freddi di inverni che scaldano sotto soffitti a cono. La passeggiata è stata allietata dal burro fragrante cotto e mandorlato.
Torno a casa con solo tre zampe del ragno sul petto.
Attendo altalenante tra un entusiasmo umile di voler fare e l'insicurezza del passerotto al suo primo volo, lo spiccare del mio nuovo percorso.
Nella mia città natale, ho respirato con la pesantezza dell'aria densa i ricordi di una vita di un infanzia che non finisce.
Il respiro pesante di sigarette rollate con cura, creavano nuvolette in cui specchiarsi. Lì rivedevo e riconoscevo le urla in lontananza dei bambini nei vicoletti. Lì rivedevo le mattonelle di strega e lo stregone che raggiunge la sua amata. Lì ho rammentato la polvere mangiata e gli schiaffi per sigarette che spiravano borotalco.
E' un dato di fatto, si invecchia. L'orrore dello sfaldarsi del corpo: il desiderio dell'immortalità non può curare un'anca che vacilla o la demenza senile.
Quella balena è invecchiata con un colpo di vento e quello che rimane saranno le tre stelline, il suo passaggio nel cielo della mia vita.
Per arrivare all'alba non c'è altra via che la notte...
(cit. nel cesso dell'autogrill della SS 167)
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