sabato 19 gennaio 2013

Django


Django.
Tarantino Q.

Al Metropolis il 17 Gennaio mi sono innamorato di questa canzone.
Balacov L., pianista compositore arrangiatore italiano, ha persino composto musiche per Kill Bill e Il postino, Panni sporchi di Monicelli e di Django di Sergio Corbucci.
Tarantino omaggia gli spaghetti western "all'italiana", dopo aver fatto scuola con Sergio Leone, Sergio Corbucci e Sergio Sollima (le tre S.), sforna Django. Nel film mescola sapientemente elementi di richiamo ai suoi stessi vecchi film e a quelli degli spaghetti western.
Le scelte stilistiche tipiche del genere e d'invenzione nostrana, dalla zoommata veloce ai primissimi piani, firmano quello che è il suo personale primo western: Django.

Il protagonista, Django è unchained e per liberare la moglie sembra quasi predisposto a rimettersele. E' tutta una farsa, la mattanza ha inizio. Q. T. sa mesciare bene il pulp sanguinario delle pallottole sventra-fegato e il concetto di schiavitù. Non s'era ancora vista una denuncia comica, satirica e di vendetta alla schiavismo che vigeva durante la seconda guerra civile in America.

Non riesco a smettere di sentire questa canzone.

Consigliere di guardare prima il film originale del 1966 di Corbucci S., spazia e apre alla tempesta di idee.

http://www.nowvideo.co/video/g9xifbr3zrd6l

Avrei voluto sentirmi dire che fosse primavera.


Avrei voluto sentirmi dire che fosse primavera.

Non mi ricordo di aver mai chiacchierato per sei ore di seguito con una sconosciuta. Un bel viaggio.
Essere se stessi è come improvvisare. Un mio caro amico mi dice sempre che avrei dovuto fare l’attore. (W.)
R. somigliava ad una mia vecchia conoscenza. Ascoltava, rideva, sorrideva e provocava. Sveglia e con la paura di conoscere il mondo. Pensavo tra me e me che tanto sboccerà; le sue parole non condividevano il suo pensiero e i suoi gesti desideravano molto più delle parole che accartocciava mordendosi le labbra.

Finalmente dalla mia "cost to cost" sbarco al Caracciolo.

Firenze.
L’amicizia, la pizza e la birra. Il mio amicone l’ho ritrovato sempre uguale, ogni volta che lo vedo sembra anfetamina. La mattina seguente  non fu tanto importante come il pomeriggio. A parte rispolverare un consiglio regalatomi a Natale e cioè l'uso della dialettica persuasiva per vendersi meglio a quello che mi sembrava il miglior offerente, alle 13 avevo realizzato che del tempo perso il giorno stesso ne avevo fatto altra nuova esperienza. Colloquio di lavoro.
L’angoscia della mattina l’ho fumata in venti sigarette.

La incontro, è lei G. Vederla dopo un pò mi fa capire che ho imparato a conoscerla. Quel suo sorriso, quel suo silenzio, le smorfie senza proferir parola e il trattenersi alla mia "scemità".
Ero io in un luogo che mi appartiene ancora.
Sono stato bene.

Modigliani a casa mia.

C.
Occhi neri, scuri e impercettibili. Prendete una matita e disegnate una curva, senza poggiare la punta premendo, la curvatura leggera disegnerà ritmicamente lei.
Capelli scuri e rossi poggiavano su un collo schizzato da Modigliani. Il suo slancio fisico esaltava la sua parlantina, senza mezze misure in accordo o in disaccordo metteva sempre il punto ad ogni tua opinione, in modo affabile ed educato.
Il suo iridismo nascondeva la notte.
Odia la neve ma una padella per scendere tutta via Pispini la eccita.

L'ho incrociata di nuovo alla mensa Bandini, mi viene incontro e mi schiocca due baci.
- Buonasera- sorridente mi dice.
- Buonasera a te - sorridente le replico.

Gli occhi, quegli occhi in cui non è confondibile la pupilla, vedo la notte.
Voglio viverla quella notte, sussurra mistero, un mistero che ho assaporato.

giovedì 10 gennaio 2013

Cambierà solo un'abitudine

Avevemo 16 e 15 anni, e con duemila lire di miscela giravamo per il paese. Un Atala rosso per le vie di san pietrini con la ruota posteriore a terra per via del mio peso. Non c'era posto per poggiare i piedi come i nuovi scooter che stavano moltiplicandosi (nrg), quindi tenevo alrghe le gambe aggrappandomi al mio migliore amico urlandogli di evitare le buche.
Il tramonto ingialliva le vecchie mura quel pomeriggio, il riverbero mi ha riportato in un attimo al ricordo di un adolescenza in strada: pallone, motorini, amici, bulli, salegiochi, bici, polvere, guardie e ladri, spacciatori, cani, ragazze.
Ho salutato un amico. Quello che cambia sarà un abitudine che dura da vent'anni.
Quando si chiude un ciclo, perchè deve rinnovarsi, esso termina allo stesso modo com'è iniziato e come è stato vissuto. E quel pomeriggio alle 16 sono stato travolto dal respiro dell'adolescenza.
Non l'avevo mai visto piangere, se non dopo aver preso schiaffi dal padre che nel mentre lo faceva guardava me come quasi per farmi intendere un rimprovero. Tanto poi toccava a me, il paese mormorava (e mormora) e mio padre lo veniva sempre a sapere.

Buon viaggio...
Me casa es tu casa