Avevemo 16 e 15 anni, e con duemila lire di miscela giravamo per il paese. Un Atala rosso per le vie di san pietrini con la ruota posteriore a terra per via del mio peso. Non c'era posto per poggiare i piedi come i nuovi scooter che stavano moltiplicandosi (nrg), quindi tenevo alrghe le gambe aggrappandomi al mio migliore amico urlandogli di evitare le buche.
Il tramonto ingialliva le vecchie mura quel pomeriggio, il riverbero mi ha riportato in un attimo al ricordo di un adolescenza in strada: pallone, motorini, amici, bulli, salegiochi, bici, polvere, guardie e ladri, spacciatori, cani, ragazze.
Ho salutato un amico. Quello che cambia sarà un abitudine che dura da vent'anni.
Quando si chiude un ciclo, perchè deve rinnovarsi, esso termina allo stesso modo com'è iniziato e come è stato vissuto. E quel pomeriggio alle 16 sono stato travolto dal respiro dell'adolescenza.
Non l'avevo mai visto piangere, se non dopo aver preso schiaffi dal padre che nel mentre lo faceva guardava me come quasi per farmi intendere un rimprovero. Tanto poi toccava a me, il paese mormorava (e mormora) e mio padre lo veniva sempre a sapere.
Buon viaggio...
Me casa es tu casa
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