sabato 19 gennaio 2013

Avrei voluto sentirmi dire che fosse primavera.


Avrei voluto sentirmi dire che fosse primavera.

Non mi ricordo di aver mai chiacchierato per sei ore di seguito con una sconosciuta. Un bel viaggio.
Essere se stessi è come improvvisare. Un mio caro amico mi dice sempre che avrei dovuto fare l’attore. (W.)
R. somigliava ad una mia vecchia conoscenza. Ascoltava, rideva, sorrideva e provocava. Sveglia e con la paura di conoscere il mondo. Pensavo tra me e me che tanto sboccerà; le sue parole non condividevano il suo pensiero e i suoi gesti desideravano molto più delle parole che accartocciava mordendosi le labbra.

Finalmente dalla mia "cost to cost" sbarco al Caracciolo.

Firenze.
L’amicizia, la pizza e la birra. Il mio amicone l’ho ritrovato sempre uguale, ogni volta che lo vedo sembra anfetamina. La mattina seguente  non fu tanto importante come il pomeriggio. A parte rispolverare un consiglio regalatomi a Natale e cioè l'uso della dialettica persuasiva per vendersi meglio a quello che mi sembrava il miglior offerente, alle 13 avevo realizzato che del tempo perso il giorno stesso ne avevo fatto altra nuova esperienza. Colloquio di lavoro.
L’angoscia della mattina l’ho fumata in venti sigarette.

La incontro, è lei G. Vederla dopo un pò mi fa capire che ho imparato a conoscerla. Quel suo sorriso, quel suo silenzio, le smorfie senza proferir parola e il trattenersi alla mia "scemità".
Ero io in un luogo che mi appartiene ancora.
Sono stato bene.

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