venerdì 27 marzo 2015

In un giorno l'anno scorso

17 dicembre 2014


"Crocevia della morte per la morte tu sei come, tutte le persone che si incontro, la distanza ci rende intoccabili..."

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Dopo un anno siamo diventati intoccabili.
Dopo un anno non ci sei. A volte dico, ancora, altre dico, non c'eri neanche quando esistevi nella notte con me.
Dopo un anno, in questo sudicio natale alle porte, che ancora una volta si presenta sudato e freddo, nella nebbia di goccioline, non ci sei.
Dopo un anno, è ritornato, fradicio a farmi ricordare quei mattoni rossi di Siena umidi e verdi, Chet.

Io ti canto. Come Maggio, ancora con il piumone, io ti canto questa canzone.

Cosciente dei cambiamenti e delle coincidenze, sento freddo.
C. mi scrive di guardare la luna, che era innamorata di me insieme  a lei, e veste addosso ancora la mia anima.
M.T. mi manda i suoi dipinti a olio, e spera che io stia bene.


Continuerò ad evitare gli spazi d'approfondimento.



Oggi, guardo l'unico albero che piange foglie dal mio balcone. Il tempo passa, è ciclico. Aspiro a pieni polmoni l'ultima boccata. Sembra un portacenere il mio giardino e il cocco continua a rimanere vuoto.

Dopo esattamente un anno anche ieri sera ho bevuto.
Una ragazza mi ha baciato le mani. Gli "Oi" fischiavano il vento e urlavano la bufera.
Mi lasciavo trasportare dalla goliardia, mentre notavo forme animali nei volti delle persone che mi circondavano. Scimmie, anatre, puma e zoccole.
Ero in un presente accostato ad un passato. Ieri ed oggi non sono mai stati così netti.
Prendi un uovo ben sodo, un coltello a punta e taglialo in due parti uguali.
La sezione dell'arancione e del bianco, del tuorlo e dell'albume, sarà distinta e netta.
Ora, guarda con distacco cosa sembra inseparabile all'apparenza.

Il cielo è bianco e le coperte sono ancora calde.
Mi innaffio di caffè dopo quattordici ore di sonno.
Parlo con D..

Scaccio l'ansia prendendola a calci in faccia con violenza.
Oggi mi dico "Io da grande voglio fare l'Ozio".






Senza di te tornavo, come ebbro,
non più capace d'esser solo, a sera
quando le stanche nuvole dileguano
nel buio incerto.
Mille volte son stato così solo
dacché son vivo, e mille uguali sere
m'hanno oscurato agli occhi l'erba, i monti
le campagne, le nuvole.
Solo nel giorno, e poi dentro il silenzio
della fatale sera. Ed ora, ebbro,
torno senza di te, e al mio fianco
c'è solo l'ombra.
E mi sarai lontano mille volte,
e poi, per sempre. Io non so frenare
quest'angoscia che monta dentro al seno;
essere solo.
(Pasolini)

















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