Venerdì un lampo, ha illuminato tutta la valle difronte la mia finestra. Il cupo rumore non mi ha spaventato, anzi mi ha emozionato come se avesse risvegliato in me il piccolo demone che voleva andare a dormire.
La luce fu seguita da uno scroscio prepotente di pioggia. Tra le varie battute di come gli angeli pisciano, la madonna squirta, suona il telefono.
C. e M. contemporaneamente da sotto tetti diversi mi chiedono se sono al riparo dalla pioggia.
Un pensiero dolce, che ho accompagnato immaginando di scappare da lei per stingerla sotto un piumone, ad ascoltare dio che da lassù ce le manda di santa ragione.
Resto a casa. Scrivo tutto quello che non sono riuscito a dirle in pochi minuti in biblioteca. Glielo vorrei inviare, ma lei insiste a vederci.
Una camicia bianca e una giacca di pelle. Mi sento intonato a questa Siena, che sembra bagnata per me. L'aspetto in P.zza del Mercato. Mi sfiora la spalla, mi volto le sorrido, mi alzo , non la bacio.
Con un fievole voce le dico che il suo è stato un pensiero dolce, quello di chiedermi se ero al riparo dalla pioggia. Ci muoviamo in silenzio, guardandoci con la coda dell'occhio.
Ci poggiamo ad ammirare la nebbia che pian pian scopre la torre del Mangia.
Come stai?
Domanda che vuol preludere a tutto quello che ho nello stomaco, il mio e il suo.
Ho solo chiaro una frase in mente. Man mano che le dicevo quello che voglio e quello che penso mi sentivo sempre più lontano da lei. Avevo raggiunto la cima della torre e vedevo noi. In quel banco di nebbia che copriva il mio volto i vedevano solo i fili di nebbia che impastavano le mie mani. Mani che si muovevano smaniose, graffianti che si massaggiavano e torturavano. Non riuscivo a sciogliere più i miei nodi. Sono rimasto in silenzio davanti alle sue lacrime. Non avevo neanche un fazzoletto per asciugare il suo sale.
Apri gli occhi.
Ho fumato un pacchetto da dieci in un'ora.
Ritorno a casa con la fiducia riposta dalle sue mani nelle mie. Ritorno a casa sotto la pioggia. Non è un addio è un arrivederci.
I suoi occhi, i suoi occhi, li vedo dovunque poggio lo sguardo assorto.
Sapere di esistere e vivere allo stesso ritmo di respiro e non poterlo farlo insieme è un suicidio. Ho scelto di suicidarmi prima che il crimine lo commettesse il tempo a sciupare questo ardore. E' un peccato? E' il destino? E' il karma? Sono io?
Le cose succedono, non avevo mai incontrato finora nessuno.
A casa mangiamo tra le candele un buon cous cous con patate, zucchine, melanzane, peperoni e carote. La buona S. è tanto cara e premurosa. La cena si accompagna a un barbera frizzante che si dissolve come l'acqua. Il progetto eccitante per la serata era vedere un film dopo aver portato fuori Sisma (adorabile cagnaccia, dolce e malinconica).
DEGRADO E DEGENERO.
In M. ho trovato il compagno di sbronze.
La signorina tequila accalorata per via della presenza del tabasco, ci dilata il gotto. Avidi di far vivere solo lo zeigst che è in noi, chiamiamo i nostri amici Jack, Glen, Grant, Giovanni Peroni, e Jhonny. Bighelloniamo per tutta Siena, importuniamo molte ragazze. E con il cappuccio nero in testa, il mio giacchetto di pelle torvo giro, parlo, chiedo, incuriosisco, e rifletto che l'alcool non mi disinibisce, perchè io sono già vino.
Se la nebbia mi offuscava la vista, il tabasco è riuscito a far scorrere meglio i battiti, di questo caldo rosso e promettente Ottobre.
Nebbia e tabasco.
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