martedì 24 giugno 2014

Tre giorni e insonnia perenne

Nel cuore della notte, l'inaspettato.

Un gelato al pistacchio, uno alla vaniglia e l'altro alla nocciola, in tre tornando dall'orto dei Pecci.
Io, I. e A.. Il giorno dopo avrei dovuto consegnare la tesi.
Io l'interactor e loro rispettivamente un artista esperto dei disegni con i bambini, solo perché aveva i rasta e l'atro un ricercatore, non poteva essere altro.

Si passano la camera, io dialogo con i bambini e ridiamo. Per un attimo vedo I. bambino.
Mi sto rendendo conto che tutta la casa mi sta vicino, mi aiuta e mi supporta.
Ho più chiari i ringraziamenti che non quello che devo scrivere nel terzo capito.

Ho una notte per scrivere l'introduzione, la conclusione e il terzo capitolo. Una notte.
Il mio fiato si fa pensante e mentre ci lecchiamo questo gelato a Fieravecchia, vedo la calma intorno a me, la pace che mi manca tanto.

Torniamo a casa. Sono le 19, ho due redbull, il caffè e 16 ore per mettere in forma di scrittura cosa sostengo nella tesi.
Mi infilo una fetta di provole nella "strazzata" morbida e farinosa e mando tutto giù con una botta di energia liquida. Rancolo per le stanze fumando nervosamente, neanche fossi in una sala d'attesa in attesa del parto. Il fatto è che questo parto in questa notte deve essere il mio.

Prendo coraggio e mi accomodo sulla sedia. Sospiro e mi organizzo mentalmente.
Non ho mai fatto un iniezione di adrenalina. Immagino. La mattina quando bevo la mia caffettiera sento scorrere nel corpo e in tutti gli strati di tessuti micro onde che strapazzano l'intorpidente, la notte quando bevo direttamente dal cartone il latte sento il petto e i polmoni che si riempiono. Forse la botta è più potente con l'adrenalina.
C. mi scrive semplicemente "non mollare".
Avverto la sua mano sul mio volto che mi carezza.

Dalla tapparella della mia finestra, vedo tramonto, luna turca, alba e il sole di mezzogiorno. Manderò a memoria questo, me lo ripeto e intanto il cursore sul computer lampeggia sfocato e le parole litigano con le virgole e i punti.


L'ho consegnata. La nazionale italiana è fuori dai mondiali. In piazza del campo ho immortalato con A. e M. quell'attimo di felicità, pur sapendo che sarebbe durato poco.

L'altra mi chiama solo per assicurarsi che l'abbia consegnata. Stanco delle persone che voglio asciugarsi il malore dell'anima sulla mia camicia, ignoro le sue domande.

Sono tre giorni che non dormo e mi sorprendo di come regga il mio cuore a tutta questa creatina e di come riesca ad essere alquanto lucido, abbastanza ancora da riuscire a pensare. Semplicemente pensare.

Non mollo.

domenica 22 giugno 2014

I gelsomini stanno per fiorire e la sera inoltra fino all'alba...

A casa, dalla finestra entra un aria fresca che sa d'estate. In lontananza si sentono perse nell'eco di qualche casa più in là, musiche latino americane. Immagino anziani seduti su sedie pulite alla meglio e bambini rincorrersi. Chiudo gli occhi e tiro un respiro profondo. Accascio le spalle senza tirarmi su come se il fiato spirasse ancora da di dentro. Continuo a tenere gli occhi chiusi. L'aria intorno mi accarezza, è una signorina. E' il solstizio d'estate. Mentre immagino queste sensazioni, mi ricordo di quando scrissi ad Aprile del solstizio di primavera. Il tempo passa e non torna più. Non so perché ho i brividi ora. E' proprio fresco qui fuori. Appoggio la testa al muro e un alito di menta mi solletica il naso. Sorrido. Signorina estate sembra dispettosa. Non ti dice quanto resterà, né perchè è là. C'è. Questa volta la lascio fare, né scappo al freddo né rintano all'ombra. La guarderò senza rispondere ai suoi perché, tanto sorride, vive. E' una nota musicale libera d'andamento. La musica continua e mi chiedo perché a questa tarda ora suonano ancora di questa maniera. Così ad alto volume. I bambini non si ricorrono più hanno la testa appoggiata al braccio della mamma, che continua ad annuire alla signora che conosce l'amica della cognata che abita nello stesso palazzo. I vecchi sono andati a dormire trascinandosi la sedia e augurandosi la buonanotte. Quello che manca è una piazza che si svolta dove rimangono solo le gocce della fontana e il sunto del campanone. A me piace il silenzio. Perché invece parlo così tanto? Mi rialzo e vedo signorina estate all'angolo del balcone che guarda lontano. Si volta, mi guarda, accenna un sorriso tirando il labbro e va via, e con se i brividi della carezza che mi ha dato. Quello che rimane è il brivido di non averla vissuta, ora e qui, quello che rimane è aver immaginato una musica che non esiste, dei bambini che avranno mangiato caramelle e poi subito a letto, quello che rimane è l'anziano che pensa alla sedia sporca. Mi alzo e mi sporgo alla ringhiera. Alzo lo sguardo e con una mano mi accarezzo la gola e poi il volto. Penso che dovrei radermi. Conto due tre stelle e mi avvio dentro. Prima di entrare guardo lì, dove era signorina solstizio. E' andata via davvero. Domani l'aspetterò di nuovo.

Domani è sempre un nuovo giorno.

P.S. Volevo scriverlo nel blog, ma non ti ho mai fatto leggere il mio blog, quindi ho deciso di scrivertelo qui. :)

venerdì 13 giugno 2014

Lilly.

La mia stanza è gelata.
Dove sei andata?

I tuoi poeti maledetti, le tue collane:

"Le fumerie d'oppio, dove si può comperare l'oblio, sono covi di orrore dove il ricordo di vecchi peccati può essere distrutto dalla follia di quelli nuovi." Oscar wilde


Sono note musicale che mi legano a un amico, in un periodo in cui non volevo sentire nulla.

Lui con l'orecchio assoluto da davanti al BIBO, mi dice corri. Io mi fido lo seguo senza domande e appena varchiamo la soglia di P.zza del Campo, la pelle rabbrividisce.

Ascoltarla con lui, guardandoci e sorridendo.Alzando le braccia al cielo.

mercoledì 4 giugno 2014

E' andata via e l'ho lasciata andare come si fa per un palloncino al vento.

Ieri; nello stesso posto, così come quando andai via io da lei, questa volta è andata via lei da me.

Via.
Tante e nessuna di canzoni e di poesie potrebbero descrivere o almeno provare a tentare di catalizzare quello che sento.

"Odiamo così potrai perdonarmi".
Perchè ?

Sarà difficile:

"Ora il tuo sguardo non fa più i miei giorni
So che domani non cercherò te
Io mi sveglio e non trovo i tuoi occhi
Perché i tuoi occhi non vogliono me
Forse non c’è più amore tra noi
Ma so che mi è difficile
Stare senza te domani
Sai che c’è
c’è che il nostro tempo rimane dov’è
anche se adesso non ci sei
ti sto pensando ancora
Non ho più modo di tornare indietro
Manco se ne parla
Resta solo polvere, devo mangiarla
Vorrei saperne di più vorrei capire
Vorrei arrivare in fondo a ‘sta faccenda
Ma potrei impazzire
Tu sei gentile, ma il tuo sorriso è finto
Non mi ha convinto
Se ti conosco bene è perché t’ho dipinto
Ora il tuo sguardo non fa più i miei giorni
Non puoi viziarmi
E non potrai incantarmi
Non cercarmi, non odiarmi
Io t’amo, tu m’ami
Anche se so che mi è difficile
Pensare di stare senza te domani

Sembra tutto finto, di plastica. All'arrembaggio. Vago nel vuoto come un cane senza padrone. Un uomo che si è messo una corda al collo. Che angoscia questo triste e subdolo senso di abbandono.